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Focus

Shakespeare vs Goldoni
Chi è il campione?

di Filippo Bordignon

Vista la monumentalità che hanno assunto nel corso del tempo le loro vite e le loro opere, William Shakespeare e Carlo Goldoni appaiono a ogni latitudine del teatro mondiale come dei monoliti inscalfibili, dei riferimenti senza bandiere in grado di influenzare, forgiare e condizionare attori, registi, drammaturghi, poeti e letterati in maniera netta e profonda.

Estrapolando poche battute dalle loro opere, lo scrittore dotato potrebbe cavar fuori humus per nuove entusiasmanti commedie e tragedie; studiando il complesso intreccio narrativo delle loro penne, ne possono ancor oggi derivare speculazioni sui massimi sistemi della letteratura.
Oggi azzardiamo però, con la dovuta leggerezza opportuna in questa sede, una domanda meno battuta delle altre: dal loro raffronto è possibile cavarne fuori un qualche difetto, un cavillo che dimostri inequivocabilmente la maggior rilevanza dell’uno sull’altro? Abbiamo interrogato i rappresentanti di alcune compagnie venete che conoscono approfonditamente il lascito dei due sommi maestri.

Interno Compagnia Larchibugio Il mercante di Venezia Foto A. RennaIniziamo questa investigazione da Giovanni Florio della compagnia leonicena L’Archibugio: “Premetto che muoverò delle criticità non tanto su questi autori classici, quanto piuttosto sulla modalità in cui alcuni li ripensano e dunque li mettono in scena. La nostra esperienza diretta è più ferrata con Shakespeare poiché ne abbiamo interpretato La bisbetica domata e Il mercante di Venezia (ancora in repertorio) oltre ad una lezione-spettacolo con estratti shakespeariani ideata per il festival Venezia da terra curato dal dipartimento di Storia dell’Università di Padova. Ebbene qui ci troviamo davanti ad un connubio tra registri comici e drammatici equilibrato in maniera sublime, una condizione in cui nessuno dei due sormonta l’altro. È un tratto di gusto che dà colore al testo ed è indice di una capacità di scrittura drammaturgica indescrivibile. Più generalmente, la forza principale di Shakespeare sta nella capacità di scrivere un teatro immortale che tratta tematiche universali ed è anche per questo che si presterà sempre a essere riletto. Egli appare oggi come allora nella veste di un eterno contemporaneo. Pur dovendo fare gli ‘avvocati del diavolo’ fatico a trovargli un difetto. Ecco, forse per il fatto che, allo stato delle cose, la soglia di attenzione degli spettatori si è abbassata di molto, oggi è arduo rappresentarne un’opera integralmente. Di Goldoni abbiamo rappresentato invece La guerra, nel 2012. Ciò che mi piace in lui è quel che traspare tra le righe anche delle commedie apparentemente più leggere, cioè la rarissima capacità di cesellare i conflitti tra personaggi. Il difetto sta nella tradizione. Abbiamo calato una certa ‘tradizione’ nel modo di mettere in scena Goldoni che ne ha ingessato la freschezza, gli adoperiamo un eccesso di riverenza. Paradossalmente sembra più intoccabile di Shakespeare, soprattutto nel Veneto. Vogliamo costantemente confermare questa immagine pulita, calarci in questi costumi di epoche passate. Vediamo e forse vogliamo sempre un Goldoni rassicurante. Ed è questo l’inciampo che lo rende meno fruibile soprattutto alle nuove generazioni. Necessita di trasposizioni coraggiose”.

Interno Compagnia Teatro dei Pazzi La vedova scaltra“Di Goldoni abbiamo rappresentato Le donne curiose, La vedova scaltra, Un curioso accidente e Le done de casa soa - precisa Giovanni Giusto della compagnia veneziana Teatro dei Pazzi -. Per quella che è la mia esperienza, di entrambi mi piacciono le dinamiche familiari che mi permettono di attualizzare il testo senza stravolgerlo. Dovendo trovare un difetto o praticare un paragone tra i due, la faccenda si fa impossibile poiché si tratta di due protagonisti del teatro che vanno letti nel loro periodo storico di appartenenza. Personalmente preferisco le storie di Goldoni, ma ammetto che il linguaggio di Shakespeare è ineguagliabile”.

Interno Giovanna Digito Teatro delle Arance

“Di Shakespeare amo questi ‘viaggi’ corali di grande complessità, si pensi al Sogno di una notte di mezza estate - spiega Giovanna Digito del Teatro delle Arance di Musile di Piave - oppure i grandi temi dell’anima, trattatati straordinariamente in tragedie arcinote come Romeo e Giulietta. Egli dà la possibilità di mettere in scena, soprattutto nel dramma, opere che sono alta poesia. Di Goldoni amo come fa parlare i servi. La sua è una comicità che si presta al contemporaneo; modificandolo un po’ lo si può sempre coniugare ai giorni nostri, perché tratta situazioni e sentimenti universali. Di entrambi mi attraggono, inoltre, le vite. Ecco, se dovessi pensare di metterli in scena oggi preferirei rappresentare le loro straordinarie esistenze. Il ‘tallone d’Achille’ nel Bardo è il suo perdersi nelle parole, fatto che me lo fa amare maggiormente nella semplice lettura, più che nella trasposizione teatrale. Inoltre traducendolo in italiano perdiamo il 50 per cento del suo fascino, poiché egli amava il suono della parola. In Goldoni riconosco che, studiando il suo voluminoso lascito, ha scritto anche cose non eccelse, commedie in cui sovente sembra perdere per strada il finale”.

Interno Compagnia Stabile Città Murata A spasso con Shakespeare

Nel biennio 2017-2018 la Compagnia Stabile Città Murata ha portato in scena A spasso con Shakespeare, laboratorio che ha coinvolto studenti delle scuole superiori in cui si è lavorato su una selezione di alcune tra le più significative tragedie del Bardo. “Shakespeare incarna la figura del poeta e drammaturgo che rappresenta in maniera eccelsa il popolo britannico, con una profondità filosofica e un gusto altissimi - evidenzia Marta Ereno a nome della compagnia -. Goldoni è anch’egli un ‘intoccabile’, sì, ma strettamente legato alla nostra cultura, tradizione e lingua veneta. Il suo limite è forse di matrice filosofica: là dove il Bardo infarcisce alcune delle sue opere maggiori di passioni e amori folli (così come di una sensualità netta ma mai volgare), Goldoni non arriva. Per epoca storica e per intenti, Goldoni non ha immerso le sue storie in quella componente estetico-filosofica del Sublime. Volendo invece trovare un ‘neo’ a Shakespeare, beh, possiamo affermare che il suo è sempre un linguaggio forbito, talvolta aulico. Il suo stile va metabolizzato, non è per tutti, poiché esige la consapevolezza di un linguaggio non immediato, caratteristica che comunque è propria dei grandi poeti”.
Da tutte queste considerazioni una certezza emerge inoppugnabile: l’immortale Bardo così come il nostro Goldoni proseguiranno a esercitare la loro autorevolezza su chiunque voglia cimentarsi nelle delicatissime faccende della Letteratura e del Teatro, influenzando direttamente o meno tutti coloro i quali li leggeranno soppesandone le parole con attenzione. Come non approfittarne per attingere da un lascito così prezioso? In fondo, parafrasando Shakespeare da Come vi piace: “La bellezza tenta i ladri più dell'oro”.

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