Intervista a Kety Mazzi
Quello di Kety Mazzi è un nome noto della scena teatrale veneta. Attrice de La Barcaccia di Verona, guidata dal regista e attore Roberto Puliero, della celebre formazione scaligera fondata nel 1969 è anche costumista: un impegno che l’ha vista confrontarsi, dagli Anni Settanta ad oggi, con i più diversi testi, autori, generi e stili. È quindi una testimone perfetta per scoprire qualcosa di interessante sul ruolo del costumista, per avere qualche utile spunto di riflessione e qualche consiglio sugli errori da evitare.
Com’è diventata costumista de La Barcaccia?
Tutto è iniziato nel 1973, quando ho seguito un corso di teatro organizzato dalla compagnia, della quale sono entrata a far parte subito dopo. Erano gli Anni Settanta, la politica era il centro di tutto, e si tendeva a fare tutto da soli, senza farsi aiutare. Abbiamo cominciato ad occuparci dei costumi in quattro o cinque: poi le altre se ne sono andate, mentre io sono rimasta e da allora non ho più smesso. Ma ne sono felice: mi piace recuperare le cose e dare loro un’altra vita. All’inizio mettevano in scena cose abbastanza semplici, popolari; poi gli allestimenti sono diventati sempre più complicati.
Una parte fondamentale del vostro repertorio, come Barcaccia, è rappresentato dalle commedie di Carlo Goldoni. Come si ispira e come lavora materialmente?
In questo caso, come per altri lavori particolarmente impegnativi, una fonte essenziale sono i quadri dell'epoca, che sono praticamente delle fotografie, dove trovi tutto quello che ti serve. Essenziale è l'accordo con lo scenografo, perché ci sia una linea continuativa fra scene e costumi, un’armonia nella tonalità dei colori. Poi io realizzo i disegni, una sarta prepara le basi e io mi dedico alle rifiniture; l’intervento della sarta è essenziale, perché i nostri costumi, per questo tipo di allestimenti, richiedono stoffa grossa e molto arricciata, difficile da lavorare senza strumenti professionali.
Parliamo del suo stile…
Amo vestire i contadini, le donne del popolo, figure che indossano stoffe consistenti e i colori che mi piacciono, quelli caldi e della terra. Amo il “medioevo” del popolo, insomma: allestire un Ruzzante è un sogno. Spingendomi più avanti, amo la Belle Epoque, con quei cappelli meravigliosi… Insomma, sono disposta a fare tutto, ma ammetto di provare un certo fastidio per le cose contemporanee: non mi piace la modernità. E poi sono “imperfetta”: i costumi mi piace rovinarli, grattarli con spazzole di ferro, tagliuzzarli, stropicciarli, perché siano vissuti e concreti.
Errori da evitare?
Prima tutto fare il vestito che vuoi tu, invece di quello che è giusto per quell’allestimento. E poi usare tessuti e materiali non adatti: la fodera, per esempio, materia troppo lucida e leggera che va evitata.
Restiamo sui materiali, anche quelli più inconsueti: come si capisce quando un tessuto o un oggetto potranno trasformarsi in costume?
È questione di “colpi di fulmine”: vedi una cosa, adesso non ti serve, ma tu sai che prima o poi ti servirà. Ho un ricordo divertente degli Anni Settanta: siamo andati ad una grande svendita e io continuavo a prendere questo e quello, a prezzi davvero bassissimi. Il conto saliva, e il regista non era d'accordo. Lui diceva che stavamo spendendo tanto, e io gli rispondevo che stavamo risparmiando: e infatti, poi, con quelle cose abbiamo allestito tre spettacoli.
Un costume a cui è rimasta legata?
Un costume e uno spettacolo, “La cameriera brillante” di Goldoni. Nel 1992 facevo una delle innamorate: amavo quel ruolo e adoravo il costume che indossavo. Adesso faccio la parte della cameriera, ma continuo ad amare moltissimo quello spettacolo.
La creatività è un talento essenziale per un costumista. Che ruolo ha nella sua vita?
Fa parte di me, non potrei vivere in un altro modo. Amo la manualità, recuperare gli oggetti e reinventarli. Non a caso, quando non sono impegnata con La Barcaccia creo addobbi natalizi per un negozio, cercando materiali nella natura, inventando, mettendo insieme le cose. Ma è così anche nella vita privata, di tutti i giorni. Adesso, per esempio, stiamo per traslocare: ho già detto che non voglio comprare nuovi mobili, ma di certo cambierò funzione o forma a quelli che abbiamo.