Arti sceniche
Tecnici audio... si diventa
Non si sottolinea mai abbastanza quanto siano fondamentali, per uno spettacolo, tutti quegli operatori che, da dietro le quinte, fanno sì che ogni cosa, sul palco, funzioni al meglio. Questo microcosmo di tecnici crea la struttura portante sulla quale far poggiare la rappresentazione, con la stessa cura e passione con la quale i loro colleghi imparano la propria parte. In questo numero, abbiamo voluto ascoltare la voce di chi... dà la voce, i suoni e la musica che devono arrivare fino alla platea..
Matteo Gasparella è tecnico audio e luci del Gruppo teatrale I 7 Moli Ars et Bonum, storica compagnia di Polesella, in provincia di Rovigo. In questa breve chiacchierata ci racconta come ha iniziato e - in particolare in materia di audio - quale è stata la sua formazione e come porta avanti questa passione.
Quando si è avvicinato al mondo del teatro?
Sono partito, come tanti, da un laboratorio fatto con la scuola ai tempi delle medie. Sul palco, però, non mi sentivo a mio agio, così ho preferito il dietro le quinte. E il primo passo è stato rendersi conto che questo ruolo non è meno importante di quello dell’attore, anzi è un po’ come interpretare un personaggio tra gli altri: sbagliare qualcosa nell’audio o in una luce è come recitare una battuta sbagliata sul palco.
E quali sono le difficoltà principali di questo ruolo?
Sono principalmente due. Da una parte, se la compagnia si trova a recitare in luoghi molto grandi oppure addirittura all’aperto, può essere necessario aumentare la pressione sonora per fare arrivare i dialoghi a tutto il pubblico, ma trovando il giusto equilibrio. E poi si deve seguire il copione, inserirendo, se ci sono, musiche ed effetti sonori, per far entrare il pubblico nell’atmosfera dello spettacolo.
A proposito di effetti. Un tempo esisteva la figura del “rumorista”. Oggi come si fa?
Oggi è facile e difficile allo stesso tempo trovare i suoni giusti. Se serve il suono di un campanello, ad esempio, è abbastanza facile trovarlo; ma a volte la situazione è più complessa: si deve andare a registrare, elaborare un suono e poi usarlo durante lo spettacolo. Diciamo che la vecchia scuola dei rumoristi rimane viva anche oggi. Certo, con il digitale si va decisamente meglio, aiuta molto nella gestione.
Com’è il rapporto con il regista?
Spesso non è così semplice intendersi. Il regista cerca di far capire cosa vuole, con gli attori così come con le musiche, i suoni e i rumori, e bisogna riuscire a capirsi. A volte bisogna “interpretare” quello che viene richiessto. Ma è il bello del processo creativo: cercare magari il compromesso, perché non tutto è fattibile con i propri mezzi.
Gli errori più comuni da evitare?
Beh, penso che il principale riguardi il volume di musiche o suoni, magari troppo alti o troppo bassi, oppure certi fruscii indesiderati, che vanno ad infastidire il pubblico e a distrarlo dalla situazione in atto. E anche con le luci non è facile, magari in una piazza che sul palco non crea la giusta atmosfera, un po’ magica...
Con gli spettacoli all’aperto le difficoltà aumenta...
Sì, all’aperto è sempre un po’ una battaglia. Mi è capitato molte volte di faticare parecchio per far arrivare le voci a tutto gli spettatori. Soprattutto in piazze grandi o particolari la cosa diventa complessa, ma questa è la sfida...
Meglio materiale proprio o affidarsi a esterni?
Bisogna valutare: se una compagnia non ha un gran budget da spendere bisogna per forza ricorrere a noleggi, mentre a volte i gruppi hanno materiale proprio: in questo caso, però, bisogna saperlo mantenere ben pulito e funzionante al cento per cento.
In una decina d’anni d’esperienza con il gruppo teatral-musicale dei Lunaspina di Montecchio Precalcino, in provincia di Vicenza, il chitarrista Umberto Retis di “cose tecniche” su audio e luci ne ha imparate parecchie.
All’inizio come facevate?
Inizialmente ci siamo appoggiati a service esterni, ma prima di tutto i costi sono notevoli e poi volevamo avere il controllo, essere autonomi, insomma.
Il primo consiglio per impostare al meglio il reparto tecnico?
Sapere chiaramente che cosa serve. Sembra scontato, ma chi fa teatro – e magari ha solo necessità di inserire musiche ogni tanto – non ha bisogno di grandi impianti. Se invece si propongono spettacoli nei quali recitazione e musica hanno la stessa rilevanza… beh, le cose cambiano.
Da dove si inizia, allora?
Il primo passo è informarsi e magari frequentare fiere di settore, dove si possono vedere in azione apparecchiature che difficilmente si trovano a disposizione nei negozi. Si capisce, così, che cosa fa al caso nostro e si scopre magari che il tutto costa meno di quello che temevamo. Non fatevi spaventare dal percorso, ma bisogna crederci.
Negli ultimi anni le cose sono cambiate?
Sì, oggi le cose, sia per l’audio che per le luci, sono migliorate moltissimo. I diffusori sono più leggeri e performanti, i fari anche. Resta sempre la questione economica: quasi sempre la qualità costa.
Gli errori più comuni?
Tra gli errori da evitare in partenza c’è la ricerca del risparmio a tutti i costi; meglio andare subito su elementi di qualità, perché altrimenti si rischia di cambiare l’impianto anche più volte. Bisogna definire bene il proprio budget e cercare la qualità, magari con uno sforzo in più. Anche per la durata, l’assistenza e, non ultima, la tenuta del “valore” di mercato, perché un domani, servisse qualcosa di più, si deve essere certi di poter rivendere il proprio materiale senza regalarlo. E poi ci sono i cavi, che oltretutto sono soggetti a usura.
Un capitolo a parte meritano i radiomicrofoni.
Anche solo perché spesso danno problemi! Durante le prove o il check tutto bene, poi con il pubblico presente iniziano a sganciarsi o a fare rumori. Questo capita anche per le interferenze dei cellulari, spesso a causa del bluetooth che disturba. D’altra parte, il costo dei radiomicrofoni professionali è molto alto, per cui spesso non si hanno apparecchiature affidabilissime.
Un sogno?
Sarebbe bellissimo e molto utile poter fare ogni tanto degli incontri fra tecnici in ambito Fita, per esempio a livello provinciale. Questo permetterebbe di scambiarsi esperienze e suggerimenti, evitando magari di commettere errori come quelli che io stesso ho fatto in passato. C’è sempre qualcosa da imparare. Fare squadra e confrontarsi sarebbe davvero importante.